Unioni Civili

Via libera alla legge sulle unioni civili a firma della senatrice Cirinnà.

Le principali novità riguardano:

1) Le unioni civili omosesessuali

L’unione si costituisce di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni e l’atto viene registrato “nell’archivio dello stato civile”. Non potrà unirsi civilmente chi è ancora sposato, chi ha legami di parentela, chi ha commesso un omicidio (o un tentato omicidio) nei confronti di un precedente coniuge o membro di un’unione civile. Le parti potranno concordare tra loro (come per le coppie sposate) “l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune”.

Dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, inoltre, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. Rispetto ai doveri che il codice civile stabilisce per i coniugi uniti in matrimonio manca l’obbligo reciproco alla fedeltà e la collaborazione nell’interesse della famiglia.

Il regime patrimoniale dell’unione è la comunione dei beni, salvo che la coppia non scelga la separazione.

I due partner avranno, innanzitutto, la possibilità di scegliere il cognome dell’altro, anteponendolo o posponendolo al proprio. Inoltre, spettano al partner dell’unione sia la pensione di reversibilità che il Tfr maturato dall’altro, nonché i diritti successori, sorgendo in capo al compagno superstite il diritto alla legittima.

Per lo scioglimento dell’unione la legge richiama gran parte delle norme relative alle cause di divorzio, potendo applicarsi anche le discipline acceleratorie oggi previste (come negoziazione assistita, accordo davanti al sindaco quale ufficiale di stato civile). La coppia, tuttavia, potrà eludere la separazione.

2) Le convivenze di fatto

La seconda novità introdotta dalla legge appena approvata riguarda le convivenze di fatto, relative sia alle coppie eterosessuali che omosessuali.

In base al testo, sono considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

Sono estese ai conviventi di fatto alcune prerogative che spettano oggi ai coniugi: i diritti previsti dall’ordinamento penitenziario; il diritto di visita in ambito sanitario; la facoltà di designare il partner come rappresentante (anche per le decisioni sulla scelta di donare gli organi); il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito; i diritti inerenti la casa di abitazione, ovvero in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

3) I contratti di convivenza

I partner possono stipulare inoltre un contratto di convivenza mediante il quale disciplinare i propri rapporti patrimoniali.

Il contratto, sottoscritto da un notaio o da un avvocato, sotto forma di atto pubblico o scrittura privata, si risolve nei seguenti casi: per la morte del partner; per recesso unilaterale o accordo tra le parti; nell’ipotesi di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.

Alla cessazione della convivenza potrà conseguire il diritto agli alimenti in capo ad uno dei due partner. Tale diritto deve essere affermato dal giudice, in base allo stato di bisogno in cui versi il convivente e all’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento. Spetterà sempre al giudice determinare la misura (in base alle norme del codice civile) e la durata dell’obbligo alimentare, in proporzione alla durata della convivenza.

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