Corte di Appello di Venezia, Sent. n. 5512/2019 – Concorrenza sleale e marchio di fatto

La Corte d’Appello di Venezia, sezione specializzata in materia di impresa, nell’ambito di un giudizio di rinvio dopo che la Corte di Cassazione aveva parzialmente accolto le doglianze di una società soccombente in primo ed in secondo grado, ha statuito che “il presupposto costitutivo del diritto di riconoscimento del marchio di fatto è costituito tanto dalla priorità dell’uso del segno quanto dalla notorietà accompagnata ad esso, intesa come conoscenza effettiva del marchio da parte dei consumatori interessati. Infatti, l’uso tutelato è qualificato ed è finalizzato ad evitare la possibilità di confusione nel pubblico, che costituisce il fondamento della sua tutela, e deve essere effettivo e continuo, non essendo comunque essenziale in tal senso l’uso pubblicitario del segno.” La Corte ha precisato che “la prova incombe al preutente, che quindi dovrà dimostrare il preuso che ha provato lo notorietà del marchio prima dell’uso o della registrazione.” Facendo applicazione del principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità, l’esistenza del marchio d’uso può bensì essere provata anche “a mezzo della prova testimoniale il cui valore naturalmente deve essere apprezzato in comparazione alle complessive risultanze processuali ed in uno agli eventuali riscontri documentali offerti dalla parte, non potendosi attribuire valore ex se dirimente alla mancata pubblicizzazione con i mezzi di stampa e televisivi, dato che la strategia di vendita aziendale non includeva il ricorso a detti mezzi” (Cass. Civ. n. 18725/2018); tuttavia, nel caso di specie la domanda nei confronti della società da noi assisita è stata nuovamente rigettata senza neppure procedere alla ulteriore istruttoria, poiché la prova per testi richiesta è risultata essere generica in quanto non era possibile evincere con quali modalità sarebbe avvenuto l’utilizzo dei vari marchi nonchè l’ambito di diffusione e notorietà tra il pubblico dei consumatori; inoltre, a ciò si accompagnava la totale mancanza di riscontri documentali. “Ne consegue che, sulla base di una valutazione complessiva dei mezzi di prova offerti, compresa la prova testimoniale, non risulta fornita la dimostrazione del preuso e della notorietà dei marchi di fatto di cui si chiede la tutela”.

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