La detenzione qualificata del convivente sulla casa di abitazione comune di proprietà dell’altro convivente

Spesso ci si chiede quale sia la sorte del convivente non proprietario né possessore della casa destinata ad abitazione della coppia e di proprietà esclusiva dell’altro convivente, alla morte di quest’ultimo.

Sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza del 27 aprile 2017, n. 10377, chiarendo quando il convivente superstite vanta un diritto di detenzione qualificata sull’abitazione

Presupposto indispensabile per l’esercizio di tale diritto è la persistenza del rapporto di convivenza “more uxorio”, che determina in capo al convivente un c.d. potere di fatto basato su un interesse proprio del convivente.

Infatti, quest’ultimo ha un titolo idoneo a possedere o detenere l’immobile, esercitabile ed opponibile nei confronti di terzi, che pretendono di vantare diritti sul medesimo immobile.

Tuttavia, il diritto di detenzione qualificata sulla casa di residenza comune, si estingue con la morte[1] del convivente proprietario-possessore dell’immobile, a meno che il convivente superstite si trovi in una delle seguenti condizioni: a) istituzione del convivente superstite come coerede o legatario dell’immobile in virtù di disposizione testamentaria; b) costituzione di un nuovo e diverso titolo di detenzione da parte degli eredi del convivente proprietario.

La Corte, inoltre, precisa che una volta venuto meno il diritto di detenzione qualificata sull’immobile non trova applicazione “ratione temporis” l’ art. 1, comma 42 della legge Cirinnà[2].

La norma in questione stabilisce che, in caso di morte del convivente proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha un diritto di abitazione temporaneo modulato in ragione della durata della convivenza, della presenza di figli minori o disabili.

Tuttavia, in virtù dei principi di buona fede e correttezza, alla morte del convivente proprietario-possessore starà al terzo legittimato, che intende rientrare nella disponibilità del bene, concedere al convivente superstite un termine congruo per la ricerca di una nuova sistemazione abitativa.

 

[1] Più precisamente il diritto di detenzione qualificata si estingue non solo con la morte del convivente proprietario-possessore dell’immobile comune, ma anche qualora cessi la convivenza per scelta libera dei conviventi.

[2] L’art. 1, comma 42 della legge del 20 maggio 2016, n. 76 stabilisce che: “in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni”.

 

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